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Gruppo giovani ad Arezzo

Matteo: La Fraternità “La Speranza” è una realtà che lascia il segno: stare questi tre giorni in questo posto, in compagnia dei fratelli e della sorella che ne fanno parte, mi ha fatto scoprire un modo nuovo, differente, di pregare e di stare in relazione con Dio; un modo bello, pieno, genuino di vivere e di stare insieme tra persone; un modo di accogliere l’altro e di dialogare con lui che invita ad aprirsi, a condividere aspetti di sé, in una convivialità familiare che si sente sin dal primo momento.
Alcuni aspetti e momenti che mi hanno lasciato un segno più profondo e hanno risuonato molto dentro di me:

  • Dio ti accoglie così come sei, non ti giudica, scende e ti viene a prendere al tuo livello e pian piano ti accompagna a un livello più alto, secondo le tue caratteristiche: è sempre bello sentirselo ricordare, soprattutto considerato che la dimensione del giudizio caratterizza l’esperienza degli esseri umani. Sentirlo dire e vederlo vissuto in questa comunità fa stare meglio e aiuta a recuperare una relazione profonda con il Signore.
  • la loro preghiera: inizialmente difficile da seguire per chi, come me, non vi è abituato, ma bella perché diversa, fatta di abitudini condivise, scelte insieme, ma anche delle singolarità e delle specificità di ognuno. Nella loro preghiera c’è il canto, di lode, di ringraziamento, c’è la lettura della parola di Dio, il contatto diretto e condiviso con il Suo messaggio; ma ci sono anche ampi spazi di silenzio che aiutano ogni persona ad avere la SUA relazione personale con il Signore, il SUO dialogo particolare, il tutto in un ambiente familiare, ma curato nei minimi dettagli, con grande attenzione al setting perché sia piacevole, intimo e accogliente.
  • le esperienze di vita delle persone che compongono la Fraternità, particolari, sfaccettate, anche a tratti tormentate, ma con l’esperienza comune di aver trovato qui la felicità e la pienezza, pur mantenendo molti aspetti di una vita ordinaria (il lavoro, il contatto con le persone, le difficoltà quotidiane che tutti abbiamo). Con grande libertà e apertura, i fratelli e la sorella hanno condiviso queste esperienze con noi, e anche questo è risultato per me molto arricchente.
  • il modo di stare con gli ospiti, in convivialità, preparando loro da mangiare, condividendo pensieri, esperienze, momenti quotidiani e riflessioni profonde. Ogni giorno, a turno, i fratelli e la sorella hanno mangiato con noi e hanno chiacchierato, facendomi sentire a casa.
    È stata un’esperienza arricchente, che sicuramente porterò per sempre nel mio cuore.

Sara: Un’esperienza strana. Strana perché estranea al mio vivere quotidiano, seppure si basi su una ricorsività e una semplicità che sono totalmente quotidiani. Una quotidianità diversa, che ti fa riflettere, che ti accoglie ma che allo stesso tempo ti fa insorgere il dubbio, la sensazione di essere fuori posto.
Sono stati dei giorni molto intensi, fisicamente ma soprattutto psicologicamente e spiritualmente parlando: tanti momenti di riflessione profonda, di confronto, di silezio, di tante parole e discussioni; la gita ad Arezzo ha contribuito a proseguire la nostra esperienza di stimoli molto eterogenei, forti e inusuali.
La calma e l’angoscia creati dal canto delle preghiere che scandiscono in questa realtà la giornata ben rappresentano il sapore che mi ha dato questo soggiorno: un complesso chiaroscuro, agrodolce. La gioiosità delle persone che qui vivono è contagiosa, si sente l’accoglienza e la presenza di una fede che si esprime nel sorriso e nella semplicità della vicinanza. Ho percepito l’apertura verso l’esterno di questa comunità, ma con essa anche la sensazione che fosse una sorta di mondo a parte, di compagnia eletta, di mondo che mi volesse conoscere ma che volesse allo stesso tempo mantenere il mistero della propria fede. Penso che questo sia anche il naturale significato dell’esperienza del monastero, ma mi ha lasciato una grande confusione emotiva, soprattutto nei momenti di preghiera nella chiesetta della fraternità.
Grandi personalità e grandi sorrisi, fraterna vicinanza che si unisce alla chilometrica distanza con il mistero e l’unione profonda del gruppo.
Come è anche il rapporto con Dio, no? Con Lui che è sia Padre che Onnipotente.

Aurora: Sono stati pochi giorni ma molto intensi, quelli trascorsi alla “Fraternità della Speranza”. Un’esperienza che ci ha permesso di conoscere storie di vita significative e diverse dalle nostre, storie di fratelli che vivono coesi come una famiglia nel donare ogni giorno la loro vita al Signore. Ci hanno accolti con la loro simpatia e la loro profonda spiritualità, ed è stato molto bello e forte poter far parte di questo grande “noi” ricco di tante cose: amore, fede, fratellanza, allegria e tanta voglia di darsi per gli altri e farsi strumento per trasmettere la vera essenza di Dio. Siamo venuti a contatto con un modo differente di pregare: una preghiera avvolgente e intima, dalla quale è impossibile non farsi immergere. L’atmosfera che si crea durante i momenti di meditazione è qualcosa che riesce a penetrare nel profondo e mi ha sempre lasciato una strana sensazione di mistero e serenità insieme. Il verde delle colline, da cui la Fraternità è circondata, sicuramente aiuta a trasmettere quel particolare misticismo di cui questo luogo è intriso.
I tempi le modalità di preghiera sono tutti ben curati e resi ancora più speciali da decorazioni di luce e canti che mi sembra di sentir risuonare ancora anche in questo momento.
Sono rimasta colpita dalla semplicità dei fratelli e dal legame che li unisce. Molti di loro continuano a portare avanti l’impiego che svolgevano prima di intraprendere il percorso di consacrazione; grazie ai racconti delle loro esperienze ho potuto convincermi del fatto che non è mai troppo tardi per cambiare strada. La giusta via prima o poi risulta chiara e definita se ci si impegna ad ascoltare il proprio cuore e a mettersi in gioco nonostante questo comporti sacrifici. Il dubbio e l’indecisione fanno parte di noi; non bisogna ignorarli facendo finta che non condizionino la nostra vita, ma andare incontro ad essi in modo che si possano trasformare.

Alessandro: L’esperienza è stata interessante e molto coinvolgente.
La vita comunitaria dei confratelli ha permesso di creare tra di loro una relazione davvero familiare e molto positiva, ma ciò che più colpisce è la loro capacità, e soprattutto interesse, nel creare e sviluppare relazioni con gli altri.
Il loro approccio al mondo esterno è di dialogo, conoscenza e soprattutto accoglienza, una cosa che anche con noi non è certo mancata.
Questo ha permesso di creare un legame tra la confratenita e l’esterno, e questo è assolutamente interessante e importante.
Lo stile di vita dei confratelli, per quanto lo abbiamo potuto osservare, è tutto sommato ordinario, ma certamente per un ragazzo abituato alla semplice messa e, al massimo, alle lodi mattutine, la preghiera sperimentata in questi giorni ha caratterizzato un’esperienza completamente nuova.
All’interno di una chiesa dalle dimensioni ridotte, illuminata da pochissime luci soffuse e molte candele, la preghiera meditativa si è rivelata di grande impatto.
Inizialmente l’approcio a questo nuovo (per me) stile di preghiera è stato emozionante, ma di non facile comprensione ed immersione.
Già dopo una giornata la preghiera è riuscita, non più solo a coinvolgere da un punto di vista emozionale (anche e soprattutto grazie al canto dei monaci), ma anche spirituale, lasciandomi al termine della preghiera con una sensazione di pace e tranquillità.
È stata ovviamente un’esperienza breve, e la conoscenza di questo stile di preghiera, che nei primi momenti risultava anche un po’ “inquietante” per l’ambiente buio e il ritmo cantilenato, è stata solo parziale.
Mi ha però permesso di comprendere come la preghiera possa essere vissuta in molti modi diversi, ciascuno dei quali, con la sua ritualità e il suo stile, può portarti a vivere sensazioni diverse.
Piccolo appunto finale: pregare costantemente in ginocchio come i confratelli oltre che interessante è anche piuttosto scomodo all’inizio, ma poi ci si abitua!