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Festa patronale di S. Agostino

Celebrata domenica 24 settembre la festa patronale di S. Agostino nella chiesa omonima. La celebrazione del santo titolare della meravigliosa chiesa offre a tutta la comunità diversi spunti di riflessione.

L’esperienza umana e spirituale di Sant’Agostino si può sintetizzare così: Agostino ricercò intensamente Dio; una volta trovatolo si dedicò totalmente a Lui in comunione con i fratelli. La ricerca di Dio è il motivo guida della spiritualità di S. Agostino. Più si cerca Dio e lo si trova, più lo si ama; più lo si ama, più cresce il desiderio di cercarlo ancora.

Ma cosa significa cercare Dio? Agostino risponderebbe: “Cercando te, mio Dio, io cerco la felicità della vita”. Cercare Dio è andare in profondità nella propria vita, domandarsi il senso di quanto accade; scorgervi un significato che dà gusto e sostanza al vivere; cercare un “interfaccia” che ci comprenda e ci accolga nelle ansie e nelle inquietudini del cuore.

Come cercare e dove trovare Dio? Per la via dell’interiorità, dice Agostino; attraverso la contemplazione, diremmo noi oggi: «Non uscire fuori di te, rientra in te stesso; la verità abita nell’uomo interiore». Sembra che Agostino si rivolga proprio all’uomo di oggi, alienato da se stesso, dal suo orgoglio, in ricerca affannosa della sua identità, frastornato da tante cose che lo circondano e lo sollecitano, illudendolo di riempire con esse il vuoto interiore, che è il vuoto di Dio. Solo quando ritroveremo noi stessi, insegna Agostino, quando riacquisteremo la nostra umanità perduta liberandola dalla schiavitù delle cose, potremo ritrovare anche Dio e quindi la felicità.

La spiritualità di S. Agostino si può tradurre in cinque parole:

– Torna, torna al cuore: è nel cuore che l’uomo ritrova veramente se stesso. L’uomo vale per quello che è nell’interiorità del suo cuore e nella qualità del suo amore: “ogni uomo è ciò che ama“, afferma Agostino.

-Rivestitevi del Signore Gesù Cristo: Agostino fece di questa frase di S. Paolo il programma della sua vita. Incontrare Cristo e camminare con lui, comporta il lasciarsi fare nuovi dentro, apprendere i sentimenti di misericordia, bontà, umiltà, mansuetudine, pazienza che sono propri dell’umile Gesù.

-Amate questa Chiesa, siate in questa Chiesa, siate questa Chiesa. S. Agostino lavorò tanto per l’unità della Chiesa, superando fazioni e divisioni con l’umile tenace forza della carità, del perdono, della riconciliazione. La spiritualità di S. Agostino è una spiritualità di comunione: diventare un “noi”, imparare a pensare al plurale; avere a cuore “gli interessi di Cristo”, che sono la salvezza dell’uomo, di tutto l’uomo e di ogni uomo. Un bell’orizzonte di sfida e di conversione per la nostra mentalità individualistica e autoreferenziale .Non si può amare Cristo senza amare la Chiesa e partecipare alla sua missione evangelizzatrice.

-Canta e cammina. In un mondo segnato da eventi epocali oggi come allora, S. Agostino invita a non disperare, ma a guardare avanti con l’animo aperto alla speranza, perché è Dio che con la sua provvidenza guida la storia. 

-La nostra vita è una ginnastica del desiderio: desiderio di Dio, che ci spinge a svuotare il nostro cuore dai desideri cattivi per riempirlo del desiderio del bene, e del sommo bene racchiuso in due sillabe: Dio.

Dall’Esposizione sul Salmo 55 di S. Agostino

Abbiamo detto che Gat è una città e, se guardiamo quale sia la traduzione di questo nome, troviamo che significa “torchio”. Cristo dunque, in quanto capo e salvatore del corpo, il Cristo che nacque dalla Vergine, che fu crocifisso e che nella resurrezione della sua carne ci ha fatto vedere il prototipo della nostra resurrezione, siede alla destra del Padre e intercede per noi, ma egli è anche qui in terra, nel suo corpo che è la Chiesa. Il corpo è nel suo capo come dice l’Apostolo: Insieme ci ha risuscitati e insieme ci ha fatto sedere nei cieli Noi sediamo lassù, egli soffre quaggiù; noi sediamo lassù in forza della speranza, egli è qui con noi mediante la carità. Questa unione, da cui risulta come un sol uomo, fa di due una carne sola, lo sposo e la sposa.

In qual modo questo David è tenuto prigioniero a Gat? Perché è tenuto nel torchio il suo corpo, cioè la sua Chiesa. Che significa “nel torchio”? Nelle angustie. Ma ben fecondo è questo essere spremuti nel torchio. Finché è sulla vite, l’uva non subisce pressioni: appare intera, ma niente da essa scaturisce. La si mette nel torchio, la si calpesta e schiaccia; sembra subire un danno, invece questo danno la rende feconda, mentre al contrario, se le si volesse risparmiare ogni danno, rimarrebbe sterile. […] Il primo grappolo d’uva schiacciato nel torchio è Cristo. Quando tale grappolo venne spremuto nella passione, ne è scaturito quel vino il cui calice inebriante quanto è eccellente! Dica, dunque, anche il corpo di lui, vedendo il suo capo: Pietà di me, Signore, perché un uomo mi ha calpestato; tutto il giorno battagliando mi ha tribolato. Dice Tutto il giorno, cioè, per tutto il tempo. Nessuno dica a se stesso: Vi furono tribolazioni al tempo dei nostri padri; ai nostri giorni non ve ne sono più. Se pensi d’essere esente da tribolazioni, non hai ancora cominciato ad essere cristiano. Dove metti le parole dell’Apostolo: Tutti coloro che vogliono piamente vivere in Cristo, soffriranno persecuzioni? Se dunque non soffri alcuna persecuzione per Cristo, guarda se per caso non abbia tu ancora cominciato a vivere piamente in Cristo. Ma, dal momento in cui avrai cominciato a vivere piamente in Cristo, da allora sei come entrato nel torchio. Preparati ad essere schiacciato, se non vuoi essere arido, se non vuoi che niente scaturisca da te.