La testimonianza di fede di Paolo contenuta nella prima Lettera ai Corinzi (15,1-11) ha dato l’avvio alla riflessione che il vescovo Dante ha offerto alla comunità dell’Unità pastorale riunita per celebrare la solennità di s. Agata nella chiesa omonima domenica 6 febbraio.
La dinamica traditio-redditio (“vi trasmetto ciò che a mia volta ho ricevuto”) ci ricorda che la nostra fede è anche il risultato della testimonianza di chi ci ha mostrato con la sua vita la novità del Vangelo e che il Signore ha pervaso tutta la sua vita.
Nell’esistenza di Agata possiamo riconoscere chiaramente i segni che il Signore ha motivato tutta la sua esistenza.
Innanzitutto il segno della verginità, perchè per Agata il Signore è tutto, è l’unico, è il vero punto di riferimento. Il vescovo Dante ha insistito anche sulla somiglianza tra la verginità come scelta totale e pervasiva con la fedeltà matrimoniale, che richiama la dimensione della scelta e della fiducia (e non è un caso che la vera nuziale si chiami anche fede).
Il secondo segno è quello del martirio, della testimonianza coraggiosa anche di fronte alla violenza degli uomini che non avendo potuto attentare alla verginità di Agata si accaniscono sul suo corpo. Agata desidera essere coerente fino in fondo: la solidità della fede che abbiamo ricevuto si vede proprio nella disponibilità della santa a morire per questa fede.
Il vescovo Dante ha invitato la nostra comunità a una coerenza simile a quella di Agata: una coerenza a cui continuare a tendere, senza stancarsi di chiedere perdono per tutte le volte in cui non siamo stati un segno convincente della fede nel Signore.
La celebrazione è stata impreziosita dai canti della Schola cantorum, tra cui merita menzione l’antifona Stans beata Agatha composta proprio cent’anni fa dal noto musicista cremonese Federico Caudana. La pagina si segnala per un forte lirismo, quasi fosse un pezzo solistico, che ben esprime l’ora del martirio della santa, intriso non di angoscia ma di dolcezza e di affidamento a Dio.